La ‘Pet Therapy’ nasce nel 1953 in America,
ad opera dello psichiatra Boris Levinson. Mentre lavorava
con un bambino autistico, si rese conto che il suo cane
gli offriva la possibilità di proiettare le proprie
sensazioni interiori, costituiva un’occasione
di scambio affettivo, di gioco e rendeva più
piacevole le sedute.
Nel 1961 coniò il termine Pet
Therapy, oggi sostituito, in italiano,
da 'Interventi Assistiti con gli Animali' secondo la definizione data dal Centro di Referenza Nazionale per gli Interventi Assistiti con gli Animali istituito con decreto del Ministero del Lavoro, della Salute e delle Politiche Sociali del 18 giugno 2009.
L’espressione Pet Therapy, infatti, viene utilizzata più propriamente per indicare i programmi di intervento sul comportamento
animale.
Per
chi sono consigliabili: |
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persone con difficoltà relazionali; |
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persone in stato confusionale (ad
esempio: con morbo di Alzheimer, sclerosi multipla,
demenza, schizofrenia, ictus); |
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persone con disordini dello sviluppo
(ad esempio: sindrome di Down, paralisi cerebrale,
autismo, iperattività, deficit da attenzione);
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persone con disabilità
fisiche quali: morbo di Parkinson, paralisi cerebrale,
sclerosi multipla, distrofia muscolare, ictus,
spina bifida; |
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persone con difficoltà
di parola legate, ad esempio a: sclerosi multipla,
disordini dello sviluppo, ictus, problemi di udito,
depressione, paralisi cerebrale; |
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persone con problemi di udito,
che può indurre un forte senso di isolamento;
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persone con problemi di vista,
nelle quali alcune modalità sensoriali,
quali udito e tatto, risultano per compensazione
maggiormente sviluppati; |
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persone con disturbi psichiatrici,
quali: depressione reattiva e/o endogena, schizofrenia,
disordini alimentari, disturbi della personalità;
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persone che hanno subito deprivazioni
sensoriali; |
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malati terminali; |
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bambini; |
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anziani. |
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Non
sono consigliabili: |
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nel caso di persone non in grado
di prendersi cura di altri esseri viventi, a causa
delle loro condizioni psicofisiche; |
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quando la presenza di un animale
induce la competizione all’interno di un
gruppo; |
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per persone che tendono a comportarsi
in modo molto possessivo nei confronti dell’animale;
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per persone con ferite aperte o
con deficit del sistema immunitario; |
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per persone con disturbi psichiatrici,
con atteggiamenti violenti; |
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nel caso di fobie specifiche nei
confronti degli animali; |
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in caso di ipocondria; |
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in caso di allergie. |
E’ comunque sempre necessario valutare la personalità
sia dell’animale, sia del potenziale destinatario,
e la patologia di quest’ultimo, in modo da favorire
un adattamento reciproco.
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